C’è un’immagine che ci accompagna da sempre quando pensiamo a un leader: una persona che sta davanti, che indica una direzione. Ma cosa succede quando le direzioni non sono più lineari, i contesti si fanno fluidi, e le mappe del passato non funzionano più?
Forse è tempo di cambiare immagine.
In un mondo dove il 70% delle trasformazioni aziendali fallisce a causa di approcci top-down inadeguati, emerge una nuova necessità: leader che sappiano navigare la complessità senza pretendere di controllarla.
Oggi il leader non è colui che sta davanti, ma chi sta dentro il sistema. Chi sa che il cambiamento non si forza, ma si coltiva, e che la complessità è inevitabile e va attraversata.
Benvenuti nella leadership sistemica: un approccio che ribalta completamente la prospettiva tradizionale della gestione delle risorse, e che invita a creare connessioni anziché dispensare semplici direttive.
Ma cosa significa esattamente “essere sistemici” quando si guida un team, un’organizzazione, una trasformazione? E soprattutto, come si traduce tutto ciò nella pratica quotidiana?
Cos’è la leadership sistemica
La leadership sistemica è la capacità di agire dentro i sistemi viventi, considerando non solo le singole persone o le attività, ma soprattutto le relazioni, le interdipendenze, i pattern invisibili che generano cultura e risultati.
È una forma di guida che non cerca risposte pronte, ma genera nuove domande; non distribuisce soluzioni, ma crea spazio e condizioni per co-costruirle.
Nel libro “Nulla due volte. Nuovi paradigmi per il management e la formazione.”, Fabrizio Sprega racconta che la leadership sistemica non chiede di fare di più, ma di vedere di più. Di passare dall’agire reattivo all’agire riflessivo, che osserva le forze in gioco e si allena a intervenire con leggerezza e precisione.
Il pensiero sistemico aiuta i leader a vedere e comprendere l’interconnessione tra tutti gli elementi, così da avere un impatto positivo sull’organizzazione e realizzare un cambiamento sostenibile e durevole.
Otto competenze chiave della leadership sistemica
La leadership sistemica richiede l’allenamento di competenze diverse da quelle tradizionali, spesso invisibili ma trasformative:
- Pensiero sistemico e connessioni multiple
Allenare la capacità di vedere oltre la singola azione o funzione, cogliendo le relazioni tra persone, processi, emozioni, contesti, tempi e linguaggi. È il passaggio dal “cosa non funziona” al “cosa sta accadendo tra le parti”. - Sospensione del giudizio e delle soluzioni lineari
Abituarsi a sospendere l’urgenza del fare per osservare ciò che emerge. Spesso i problemi sono sintomi, non cause. Agire subito può rafforzare gli schemi che vogliamo cambiare. - Presenza relazionale e capacità di ascoltare il campo
Uno sguardo analitico non solo sulle persone, ma sul campo relazionale tra di loro.
Il leader sistemico sa fare silenzio, lasciare spazio, accogliere visioni multiple. Lavora con le tensioni, non le elimina. Allena un ascolto che include anche ciò che non viene detto, è capace di leggere il tono, le pause, le emozioni nei sistemi viventi. - Capacità di contenere l’incertezza
Vuol dire reggere la complessità senza bisogno di ridurla o di controllarla.
La leadership sistemica è “tenere il campo”, anche quando le dinamiche sono ambigue o caotiche. - Generatività e progettazione emergente
Non si limita ad “applicare” soluzioni, ma va a creare le condizioni perché il sistema trovi nuove forme di organizzazione e senso.
Serve una competenza nell’aprire spazi conversazionali, nel fare domande generative, nel prototipare. - Ecologia delle relazioni e cura del clima
Ogni sistema è fatto di legami. La leadership sistemica si prende cura non solo delle performance, ma del modo in cui le persone stanno insieme.
Le emozioni non sono un dettaglio: sono l’ambiente in cui tutto il resto cresce o si blocca. - Agire nel piccolo, vedere nel grande
Non servono sempre grandi riforme, spesso bastano micro-decisioni che attivano retroazioni positive nel sistema.
Il leader sistemico osserva gli effetti, aggiusta il tiro, apprende dal fare. - Coltivare senso condiviso
Quando c’è connessione con uno scopo autentico, le persone non hanno bisogno di essere “guidate”, si attivano da sole. Il leader sistemico nutre visione, custodisce il perché, facilita processi dove ognuno possa contribuire.

I vantaggi della leadership sistemica
Le testimonianze di manager e organizzazioni che hanno adottato principi sistemici convergono su alcuni cambiamenti ricorrenti. Non si tratta di trasformazioni miracolose o di risultati immediati, ma di evoluzioni progressive che emergono quando si coltiva un modo diverso di affrontare la complessità.
Come dice Sprega: “Il cambiamento nei sistemi complessi non è mai lineare né prevedibile. È fatto di soglie, risonanze, micro-eventi. La leadership sistemica si allena a cogliere quei segnali deboli e a danzare con essi.”
Le organizzazioni che adottano leadership sistemica riportano:
- Maggiore velocità nel rilevare e rispondere ai cambiamenti.
- Più intelligenza collettiva: si attivano risorse distribuite, talenti nascosti, contributi non prevedibili.
- Maggiore coinvolgimento: le persone sentono che ciò che fanno ha senso, perché sono dentro al processo e non come semplici spettatori.
- Decisioni più solide con visione a lungo termine.
Leadership Sistemica e Warm Data: l’approccio di Nora Bateson
Nora Bateson (regista, scrittrice, fotografa e docente, figlia di Gregory Bateson), ci invita ad andare oltre l’analisi fredda dei dati per ascoltare ciò che chiama Warm Data ovvero le informazioni che emergono dal contesto vivo delle relazioni, dove i significati si costruiscono in co-evoluzione.
La leadership sistemica, ispirata anche da questo sguardo, non si limita a mappare processi o a misurare indicatori: invita a sentire, a cogliere l’interdipendenza sottile tra persone, ruoli, emozioni, cultura, linguaggio e storie condivise.
In contesti complessi, il valore non sta solo nei KPI, ma in ciò che non si può ridurre a numeri: le dinamiche umane, le transizioni, i segnali deboli, le tensioni creative. Bateson ci ricorda che i sistemi viventi non si cambiano con forza, ma con cura. E i leader più efficaci sono quelli che sanno vedere oltre la superficie, mantenendo uno sguardo etico e relazionale.
L’evoluzione della leadership, dal controllo alla connessione
Le organizzazioni del futuro saranno quelle capaci di apprendere più velocemente dei cambiamenti esterni, rigenerarsi continuamente mantenendo la propria identità e co-evolvere con il proprio ecosistema di riferimento.
Per farlo c’è bisogno di leader che non governino il sistema dall’alto, ma che lo attraversino con consapevolezza, connessione e responsabilità.
Leader che sappiano stare nel flusso, fare rete, leggere i segnali deboli, alimentare fiducia.
Leader che non puntino ad avere tutte le risposte, ma a far emergere quelle giuste insieme agli altri.
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